L’aspetto più tragico, ma anche il più comico della discussa legge delega sul federalismo demaniale che arriva domani sul tavolo del Consiglio dei Ministri, dopo l’ok della Commissione Bicamerale, è che non serve assolutamente a niente.
Sono giorni che ci viene ripetuto in tutte le salse che “il federalismo non costa, anzi, col federalismo si risparmia”: ma si risparmia che cosa, scusate?
La riforma introduce la possibilità per lo Stato di assegnare a costo zero gli immobili inutili alle Regioni e agli enti locali in genere, cosicchè essi li possano alienare o altrimenti valorizzare. Dunque, al massimo si risparmiano i costi di gestione delle caserme dismesse che lo Stato ha sul groppone senza sapere che farci. Il che può anche essere giusto, se quelle stavano li a marcire.
Ma andiamo oltre: queste caserme, o altri immobili analoghi, sfitti e inutili (è di questo che parla la legge: lo Stato si disfa di beni inutili, perchè quelli utili magari se li tiene, no?), finiscono alle Regioni. Allora: o alle Regioni questi immobili servono, ed esse si dovranno attrezzare per gestirli; e quindi, giù con uffici di gestione, assunzioni massicce, allargamento degli uffici di controllo del demanio regionale – o per valorizzarli, tipo, trasformare una vecchia caserma in un centro polifunzionale al servizio della città: lodevole, ma con quali soldi tutto questo, se Tremonti ha già detto che fra un mese segherà a tutti gli enti locali la metà dei trasferimenti?
Oppure alle Regioni questi beni non servono, e li dismette. Prima di tutto bisogna trovare qualcuno che se li compra, ‘sti beni sfitti. Chi? Boh. E così il bene, sfitto prima, finisce alla Regioni che non riescono a venderlo, e rimane sfitto dopo: alla grande.
Oppure qualcuno effettivamente se lo compra. Ok, bello. Allora diciamo che l’intento del governo, ovvero quello di trasferire il demanio alle regioni per “valorizzarlo” (cioè, per fare cassa, e menomale che hanno inserito l’emendamento per la vincolatività degli introiti alla copertura del debito pubblico, sennò chissà che ci facevano, poi, co’ ‘sti soldi) succede solo in un caso su quattro dei possibili. Il 25% di probabilità: un bel rischio. In ogni caso, poi, o la situazione non cambia, o lo stato guadagna: in nessun caso risparmia. Anzi, è molto probabile che, per colpa del rigonfiamento burocratico e della duplicazione degli uffici di gestione del demanio, i costi schizzeranno in alto.
E, comunque, se pure tutto va bene, lo Stato si comporta come quel riccone che, vecchio e soddisfatto, si ritira nel villone in campagna dopo aver venduto tutto quello che ha. Cioè, lo Stato, vendendo, alienando o altrimenti “valorizzando” il suo patrimonio immobiliare, si impoverisce. Poi però non lamentiamoci se le aste per il debito pubblico vanno deserte: perchè se io presto dei soldi a uno Stato pieno di case di lusso e bei palazzi che, alla bisogna, potrà vendere per pagarmi; o se li ha già venduti, magari i miei soldi li presto a qualcun altro.