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L’inspiegabile suicidio del Pd

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Quel che fa più rabbia della decisione del Partito Democratico di chiudere l’accordo con Berlusconi per l’elezione di Franco Marini al Quirinale è che non ce n’era bisogno alcuno, di suicidarsi in questo modo. L’alternativa c’era, era ottima e apprezzata dall’elettorato. Avrebbe in un colpo portato un galantuomo, Rodotà, al Quirinale; avrebbe aperto la prospettiva di governo con il MoVimento 5 stelle per quell’esecutivo di cambiamento da mesi invocato da Bersani. Avrebbe sgonfiato Renzi e Grillo.

Invece no. Abbiamo scelto l’altra strada, non solo quella più difficile, ma anche quella stupida. E inutile.

C’è molto in questa pagina politica. Sottovalutazione degli elettori e della rete, malcelato e stupido puntiglio nei confronti di Grillo e dei suoi – che hanno invece portato avanti un’operazione politica geniale e sopraffina – stupidaggini su inesistenti sensi di responsabilità che si traducono semplicemente nell’inciucio con Silvio, genuina miopia politica dei dirigenti. Ancora nel pomeriggio esponenti della guardia magna bersaniana tweetavano che l’invio di un Pd al Quirinale con i voti di Berlusconi dovesse essere di per sé un successo. Follie, ovviamente.

Andiamo tutti a letto stasera sperando nei franchi tiratori: ce ne saranno. Non per contrarietà a Marini, che potrebbe essere e sarà un presidente non peggiore di tanti altri. Il problema è il patto con Berlusconi, sopratutto perchè non era assolutamente necessario. C’era un’altra strada, migliore, più praticabile, più appagante, vincente. Questa non è una cosa che sarà perdonata, non da me. Io, come tanti altri, ho organizzato manifestazioni a scuola contro Berlusconi: finire così no. Un salvacondotto per lui, no. Un governo con lui, no.

No.

Quirinale, comunque vada sarà un successo

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Alcune cose che penso del Quirinale, della Gabanelli, di Rodotà e del resto.

Della Gabanelli penso che sia una delle migliori giornaliste italiane, al netto di alcuni scivoloni un po’ complottisti in alcune puntate di Report; e penso che ovviamente questo non basti per fare il presidente della Repubblica. Penso però che ci sia da capire una fase, una fase nuova di questo paese, la fase della ggente, di quelli che si sono rotti e che preferiscono un volto pulito di cui conoscono poco o nulla ad un volto che conoscono molto bene e che pulito non sembra più. Così, chi fa semplicemente bene il suo lavoro, come la Gabanelli, diventa la bandiera di un paese nuovo. E questo è molto triste, o molto bello, fate voi.

Penso che Bersani da qualche giorno stia abbastanza nel pallone, ma questo è evidente. E intorno a lui volteggiano gli avvoltoi del dialogo con Berlusconi, che sparano affermazioni degne di un Capezzone – “dobbiamo dialogare con il Cavaliere, gli italiani lo votano”, mentre il Pd arriva sempre impreparato al confronto con il Movimento 5 stelle che fa prima di lui a dire qualsiasi cosa , giusta o folle che sia, e che così detta l’agenda alla sinistra e al paese…persino dal cesso del camper, come oggi con il video di Grillo.

Penso che ora il Partito Democratico abbia l’occasione di rimettersi in carreggiata, proponendo un nome forte come Emma Bonino o Stefano Rodotà su cui far convergere i voti del Movimento, il quale si è peraltro già detto disponibile: ma anche questo si è già sentito. Quel che penso inoltre, invece, è che se salterà fuori la convergenza con il PdL sul nome di Giuliano Amato, come pare, andrà bene lo stesso, perchè potremo presto celebrare il funerale del Partito Democratico morto suicida: ci sarà, finalmente, chiarezza per tutti noi e il liberi tutti alle prossime elezioni (anche perchè, a quanto leggo, anche la pattuglia Renzi sarebbe pronta a votarlo: vedremo).

Intendiamoci: Amato è uno dei più raffinati giuristi su piazza e sarebbe un presidente più che degno. Ma la ggente, quella di prima, lo ricorda principalmente per il prelievo forzoso notturno sui conti correnti – una cosa che tutti, ma tutti proprio, ricordano molto bene – e in futuro Grillo e i suoi faranno in modo di presentarlo al paese come il frutto supremo dell’inciucio con la destra. E come dargli torto? Giù articolesse a diluvio di Travaglio sul passato con Craxi, sui super stipendi, sulla pensione, sui ruoli a lui dati nel governo Monti.

Insomma, sarebbe una carneficina. Ecco perchè dico: comunque vada sarà un successo. Avremo presto un grande presidente della Repubblica e un governo Pd – Movimento 5 Stelle, o Amato al Quirinale la morte elttorale del Pd. So che profetizzare la morte dei democratici è un po’ uno sport nazionale: per carità, pronto ad essere smentito; ma se continua così, la vedo proprio dura.

La Lega è alla canna del gas

Secondo me la gente, in linea di massima, non è stupida. Nemmeno i leghisti, anche se si divertono ad essere dipinti come personaggi un po’ folkloristici che si vestono da cavalieri medievali con la grappa in fondino: fanno gli stupidi, ma tanto stupidi non sono.

Per questo mi sembra un atteggiamento da gente che ha completamente perduto la testa questo insistere furibondo sullo spostamento dei ministeri al nord da parte dello Stato maggiore leghista. Ma che dicono? Non è una rivendicazione che interessa al popolo di Pontida, non interessa proprio a nessuno, non interessa nemmeno a Bossi e Calderoli, si vede: è una cosa che loro pensano possa interessare a qualcuno dei loro, e allora la dicono; ma in realtà non interessa a nessuno, come poc’anzi azzardato, e così sembrano solo ridicoli. Calderoli con la targa del ministero delle Riforme a Monza, ma dai (a parte che sarebbe da capire chi ha messo i soldi per realizzarla, quella targa: ciao sono Calderoli: sono soldi dello stipendio personale del ministro, vero? Vero?).

A parte che io dubito che si possa, in generale, fare: stiamo parlando neanche di ministeri, ma di dipartimenti della presidenza del Consiglio, i famosi ministeri senza portafoglio. Sono dei pezzi di Palazzo Chigi, che non hanno, in teoria, nemmeno bisogno di un ministro: io trovo che, laddove vengano spostati a Monza, a Canicattì o a Vigevano che dir si voglia, qualsiasi dipendente costretto a spostarsi impugna il decreto di spostamento davanti al primo TAR che passa e la Corte Costituzionale, col suddetto decreto, ci fa le zeppe per i tavoli. Ma magari mi sbaglio.

La sede decentrata della pubblica amministrazione, esiste già: si chiama – guardacaso – “Ufficio territoriale del Governo”, appunto perché magari è più comodo avere un rappresentante in loco, che poi si chiama Prefetto ed è una cosa vecchia come il mondo. Spostare due ministeri peraltro dalla dubbia utilità in un posto diverso di Roma e pensare di rivendicarselo come vittoria politica ci da la misura del momento storico: siamo al delirio completo. Ma che ai monzesi interessa trovarsi sotto casa quattro incravattati per sentirsi importanti? Il nord è il nord, con la sua fierezza produttiva, anche perché non ha incravattati ma solo brioches, fabrichéte e lavuraà lavuraà. Se anche la Lega, partito simbiotico con i suoi elettori, almeno per stereotipo consolidato, perde il contatto con la realtà, vuol dire che il momento è ancora più topico e interessante di quanto pensassi.

Spiegatemi / 2 (Bignami, sintesi e concetti)

Innanzitutto vorrei dire che il tono dell’articolo di ieri forse non è stato adeguatamente ponderato. Non mi aspettavo che avesse la risonanza che ha avuto ed alcune parole forse potevano essere meglio limate. Diciamo che è stato un pezzo un po’ di pancia.

Vorrei dire sinteticamente cosa penso io di un partito che si chiama Democratico e che dice in giro che fa le primarie. E che le fa a Napoli.

1) Se si fanno le primarie, si fanno le primarie.
2) Se si ha presente che si sta votando a Napoli; se si ha presente che a Napoli c’è la mafia; se si ha presente che potrebbe vincere il drone di Bassolino; e se tutto questo è un problema, la soluzione è molto semplice: non si fanno le primarie. Si prende un microfono e si dice: “Non ce la sentiamo di fare le primarie a Napoli, perchè pensiamo che non riuscirebbero ad essere primarie oneste”. E si porta il peso di una tale scelta, politico e pubblico. Si prende una posizione chiara: a priori. Non ce la sentiamo, non le facciamo.
3) In nessun caso (in nessun caso) si fanno prima le primarie, poi si vede che qualcosa non è andato (e nessuno mi è ancora riuscito a spiegare cosa, non sia andato: “Ci sono stati conclamati brogli”. Tipo?) e si annullano le primarie. Visto che tutte le cose “che non sono andate” – voto pilotato, bassoliniani, infiltrazioni criminali – erano ampiamente prevedibili.

Delle due, l’una: o tutti questi motivi per cui le primarie a Napoli debbono oggi essere annullate erano stati presi in considerazione prima, e si è deciso ugualmente di celebrare le primarie, ed è lampante che non ci sarebbe, allora, nessun motivo per annullarle; oppure tutti questi motivi non sono stati presi in considerazione, e nel qual caso stiamo dicendo che, prima di fare un’elezione a Napoli, non abbiamo preso in considerazione il fatto che ci potevano essere episodi di voto pilotato, che il partito campano è ancora nelle mani di Bassolino,e che a Napoli c’è la mafia. Io non voglio credere che questi dati non siano stati presi in considerazione, perchè sarebbe una figura davvero troppo, troppo brutta.

Perciò, visto che tutti questi dati di fatto – dati di fatto – sono stati certamente ed ampiamente presi in considerazione prima, e nonostante questi dati di fatto si è comunque deciso di celebrare delle primarie che sono state più che regolari, non si capisce perchè mai dovrebbero essere annullate.

Senza fare la figura dei polli, ovviamente.

Spiegatemi

Adesso, se ci riuscite, mi fate capire una cosa, perchè io non la capisco davvero.

Qualcuno, nel mondo, è in grado di spiegarmi perchè le primarie del Partito Democratico a Napoli debbano essere rifatte, annullate, ripetute? No perchè, secondo me, non c’è un motivo nell’universo.

Dice: ma ci sono stati i brogli, hanno votato pure quelli di destra.
Dice: ma c’erano i cinesi in fila, te pare normale?
Dice: ma s’è infiltrata la camorra.
Dice: ma ha vinto quello de Bassolino.

Ora: c’è un Partito che si chiama Democratico, e sono tre immondi anni che tutti quanti ci facciamo delle pippe mentali grosse come un camion perchè questo partito deve avere le primarie, cioè la scelta delle candidature dal basso, dalla base. Loro ce lo avevano pure detto: ma non è meglio che votino solo gli iscritti? E noi: no! Deve esserci dentro pure la società civile! Vogliamo la gente in fila. Vogliamo i gazebi in piazza. Ecco: e allora i gazebi in piazza, e allora la gente in fila. Continua a leggere ‘Spiegatemi’

Masse e potere

“Tanti italiani hanno sofferto la barbarie di vedere notizie private apparire sulla prima pagina dei giornali senza nessun filtro, una barbarie che deve finire.” Strepitoso, Frattini, nel rispondere al sottosegretario americano alla Giustizia che, ultimo di tanti in questo cappottone su Berlusconi, ha criticato il Governo per la un-tantino-indegna norma sulle intercettazioni in discussione in Parlamento in questi giorni.
E la cosa migliore è che non è così: perchè questa giustificazione, quella dei tanti italiani poveri e intercettati, ripetuta come un mantra dai corifei di Governo, non regge. Quali sarebbero, questi “tanti italiani” finiti sui giornali per le intercettazioni? Presidenti del Consiglio, ministri, gente importante, conosciuta, nota; o sottobosco romano, palazzinari, affaristi: gente comunque coinvolta in affari, loschi o meno, nel senso di vicende sotto attenzione della magistratura. Perchè è così che funzionano le intercettazioni; ed è anche così che funzionano le notizie.
Allora, Frattini mente, o la spara grossa quantomeno; ed è questa la sua forza, la forza di questa legge: perchè il signor Pinco Panco di Reggio Emilia o la signora Concettina di Potenza non sono mai finite sui giornali, sbobinato in pagina un loro dialogo intercettato. Ed è per questo che contro questa legge non si è ancora sollevato un putiferio popolare: perchè non si tratta di questioni con cui il grande, indistinto popolo-pubblico si confronta quotidianamente.
Lo sa bene Berlusconi, che quando uscì fuori l’affare di Via del Fagutale, coinvolto Scajola, capì che bisognava agire, e in fretta, perchè “sulla casa” la famosa Italia proprietaria dell’82% delle proprie case, dunque pagatrice di onesto mutuo, è pronta a farti la pelle. Ancora una volta, dunque, oggi, l’azione del Governo è immune dal controllo popolare finchè si svolge nell’iperuranio della vita quotidiana, nell’ignoto al signor nessuno, nel comune e accettato intrallazzo della casta al potere. Questa è la forza: finche la famosa maggioranza informe non sentirà la necessità di capire che i lontani “impicci e imbrogli” del potere hanno riflesso diretto sulla sua vita, non sarà facile uscire dal circolo vizioso della casta che crea privilegi alla casta, impunita, incontrollata, ignorata.
Certo, senza le intercettazioni, è proprio la tomba di un ragionamento del genere, e la fine di ogni prospettiva di miglioramento.

Gli isotopi

Io giocavo a SimCity 3000. Ci giocavo con una certa frequenza.

Uno delle primissime cose da fare, prima ancora di sistemare il piano regolatore, era scegliere l’approvigionamento energetico. Essendo un simulatore, la scelta non si discostava poi molto dalla realtà: o centrali elettriche a carbone, puzzolenti ma efficienti, o pale eoliche, piccole, pulite ma poco potenti.

Più avanti mi spiegarono che questa situazione è anche teorizzata: le centrali a fonti fossili o nucleari hanno problemi di inquinamento e di gestione, quelle a fonti rinnovabili, vento e sole, hanno problemi di spazio. Estendendosi infatti per largo, hanno bisogno di grandi aree a loro destinate e che quindi, si perdono per altri usi.

Ora, posto che io sarei per coprire di pale eoliche il Mediterraneo e l’Atlantico, e di pannelli solari il Sahara, superando così i confini nazionali nell’approvigionamento dell’energia e creando quindi una sorta di centrale elettrica mondiale, affrontiamo la questione, riproposta recentemente da Cip&Ciop Berlusconi e Putin, del nucleare in Italia.

Io non penso realisticamente che si possa prescindere dal considerare l’utilizzo della fonte nucleare per la produzione di energia. Ricordando, appunto, SimCity, il coprire intere montagne di pale eoliche non riusciva comunque a soddisfare il vasto fabbisogno di una città: prima o poi bisognava buttare giù la briscola e mettere un centralone che risolvesse i problemi. Per dirlo con altre parole, “l’energia eolica trova quindi il suo ambito di applicazione solo nell’integrazione alle reti esistenti”. E così, a quanto ne so io, per ora – e non sono un tecnico: ben accette le correzioni – vale per tutte le fonti rinnovabili.

Nell’ambito della generale situazione energetica mondiale dunque, essendosi, a quanto so, ampiamente superato il Picco di Hubbart dei combustibili fossili, il nucleare può non essere, dunque, un’ipotesi da scartare. Anche perchè l’alternativa, per l’Italia, è l’endemica dipendenza energetica: ciò blocca l’economia, e non è mai consigliabile.  Dipende, certo, come lo fai, il nucleare.

Non penso si possa anche lontanamente prendere in considerazione ciò che ha attualmente in mente il governo italiano, ovvero prendersi le tecnologie dismesse dagli altri paesi. E’ la logica dell’auto usata: qualcuno te la vende per comprarsene una migliore, e tu te la compri perchè finora ha funzionato bene, ed è un peccato buttarla. Ma le cose non si fanno così.

Un amico, ingegnere elettrico, ogni volta che ne parliamo sostiene in modo secondo me condivisibile la seguente tesi: bisogna costruire un paio di centrali nucleari in Italia, ma non per fare energia, ma “per divertirsi”. Lui intende, ovviamente, che al di la della produzione di energia ciò che non va dismesso – ma anzi, potenziato, aggiungo io – è il settore della ricerca sul nucleare. Anche, e soprattutto, in vista della costruzione di nuove centrali.

Ovvero, se io fossi un capo di stato lungimirante, non annuncerei che di qui a poco si costruiranno nuove centrali , ma proclamerei che da qui in poi l’intero paese sarà impegnato, e verranno convocate le intelligenze migliori di cui dispone da tutto il mondo, in un vasto progetto di ricerca con finanziamento pubblico che analizzi e studi la situazione energetica in Italia, che inventi una soluzione, perchè no anche nucleare, per risolvere il problema della nostra indipendenza energetica. E se un fisico italiano riuscisse a trovare la variabile mancante della formula che serve  a costruire una centrale a fusione nucleare? Non si può sapere, ma certo se non ci si prova, se non si investe, non ci si riuscirà mai.

Ed è in questo modo che si investe sul futuro: si risolverebbe in un colpo la gran parte del problema dei cervelli in fuga, si finanzierebbe la ricerca, si manderebbe il paese all’avanguardia e si costruirebbero – se servono, e non si trova modo migliore – anche ‘ste benedette centrali nucleari. Questo è, secondo me, quello che farebbe Obama se fosse Berlusconi.

Il problema della sicurezza: anche quello lo affronti. Basta farle bene, le centrali. Il botto a Cernobyl fu causato da un errore umano, su una centrale già molto vecchia e danneggiata. Questo me lo raccontò un secondo ingegnere (ogni tanto incontro ingegneri, che devo fare?) su un treno che mi portava da Verona a Bologna. Dire che le centrali nucleari sono pericolose è un argomento fallace: anche questo computer è un arma mortale, se lo uso come oggetto contundente. Certo, il problema in questione  – vero, esistente, reale – è che il rischio (non la pericolosità: il rischio) è molto alto. Ho appena sentito ad Otto e Mezzo un paragone azzeccato: è come quando cade un aereo. E’ difficile che cada, ma se cade, è solo una tragedia e non più c’è niente da fare. Certo, è vero: bisogna stare attenti ed evitare tutto questo.

Ed è senza dubbio da considerare il problema delle scorie. Ma anche qui, un team di ricerca adeguatamente finanziato questo problema lo può risolvere, forse, o ci può provare, chissà: di sicuro però iniziare a costruire centrali nucleari senza sapere dove mettere le scorie non sarebbe una buona idea. Ci ritroveremmo – come peraltro abbiamo già fatto – a mandarle in giro a pagamento, perchè tanto noi non sappiamo dove metterle.

La partita del nucleare, in definitiva, è secondo me un match molto interessante. Si può stare però in tribuna o puntare alla Coppa: e per la seconda ci vuole un certo allenamento, la squadra deve avere i novanta minuti nelle gambe, eccetera eccetera.

Viva San Marco!

Continua sul sito ufficiale del Doge.

Interviste che non lo erano: i casi Grisham e Roth

[per Giornalettismo]

Non erano solo quelle parole messe in bocca allo scrittore di “Pastorale americana” ad essere state inventate di sana pianta. Ora sappiamo che il giornalista l’aveva già fatto una volta. La vittima? Il padre dei legal thrillers.

Tempo fa Giornalettismo ha ipotizzato che tal Tommaso Debenedetti, giornalista freelance e inventore fantasioso di interviste con famosi scrittori con cui non ha però mai parlato, fosse caduto in un tranello da parte delle giubbe rosse de Il Venerdì di Repubblica. Perché altrimenti, sostenevamo, non si spiegherebbe come possa aver pensato di creare dal nulla, inventando di sana pianta, un intero scambio di battute con lo scrittore Philip Roth, passandolo poi a quelli di Libero che lo pubblicarono credendo di aver imbroccato il grande scoop. Si, perché Roth, nel non-articolo, criticava ferocemente Obama di cui era stato (ed è, in realtà) un fervente sostenitore.

RECIDIVO – Scopriamo ora che il Debenedetti non è nuovo a questo genere di cose: ci era già riuscito almeno un’altra volta, con un’intervista a John Grisham, il vate dei legal thrillers, sul Quotidiano Nazionale.L’intervista a Grisham somiglia molto, per toni, a quella successiva con Roth: “Obama parla troppo e promette troppo” dice Grisham (ovvero, scrive Debenedetti). “L’entusiasmo di un anno fa è lontanissimo, ora la gente qui ha una rabbia verso Obama, gli rimprovera di aver fatto poco o nulla e di aver promesso troppo”. Insomma, una critica durissima verso l’attuale amministrazione, una descrizione di uno sfacelo, il racconto di un’intera società americana intenta ad affilare le armi per punire Obama in modo netto.

FANTASIE – Racconto più che falso però: inventato, ancora una volta. E quando Philip Roth, mezzo arrabbiato e mezzo divertito per ciò che gli era successo in Italia, si è messo a cercare informazioni su questo Debenedetti, e alla fine ha trovato quest’intervista al collega Grisham, ha subito contattato l’agente di lui per segnalargliela. L’autore de “Il Socio”, cadendo dalle nuvole tanto quanto quello di “Pastorale Americana”, si è alterato parecchio. “Ero più scioccato che arrabbiato”, ha fatto sapere, ma anche sorpreso perché, leggendo il testo in traduzione, si è sentito di commentare che non era “male come fantasia”.Ma, comprensibilmente, non è bastato l’apprezzamento letterario per far finire lì la questione. Grisham, a differenza di Roth che ha fatto sapere di non aver tempo da perdere con queste cose, ha già contattato un legale: “Sto valutando tutte le opzioni possibili” dice. Insomma, forse per il mentalmente prolifico Debenedetti è in arrivo una richiesta di risarcimento, che potrebbe essere allo stesso tempo internazionale e milionaria.

Pericoloso lo spontaneismo: rischia di aiutarci.

Ricordo molto bene tante di queste eminenti personalità che, solo tre mesi fa, erano estremamente incerte se fosse il caso di muoversi da casa per scendere in piazza. Questa volta, visto che l’ultima decisero bene solo alla fine, erano in Piazza del Popolo dall’inizio con le loro sciarpette viola.

Ci troviamo, probabilmente, davanti a un gruppo di organizzatori che ha in mente un’idea ben precisa su cosa un movimento di questo genere possa essere e rappresentare. E al di la di ogni giudizio sul contenuto, il fatto che esista un’entità della c.d. società civile, che riesce a portare molta gente in piazza senza chiedere il permesso ai partiti, ma anzi, costringendo questi ultimi ad accodarsi precipitosamente, è allo stesso tempo un sintomo della cattiva salute dei partiti, ma della forse ancora accettabile salute della società.

Questo governo non è forte. Nelle ultime settimane Berlusconi ha dovuto fare dei vistosi dietrofront appena si è accorto della mala marea che gli montava addosso (Bertolaso e la Protezione Civile SPA, Di Girolamo e la legge anti-corruzione). Questa maggioranza non è in grado di reggere a un colpo di maglio ben assestato.
Se si ha presente una situazione del genere, l’argomento del non condividere la politica della piazza e la piazza come politica non basta più. Perchè bisogna decidersi: o si è disposti ad usare l’arma della piazza, e però un grande partito come ce ne sono ha ben altre armi che quattro pischelli su facebook per organizzarne una come si deve, o ci si dichiara contrari alla piazza come arma, ma a quel punto si sta a casa: andare alle piazza degli altri non è sbagliato, ma appare un po’ come una sconfitta. E perchè, ben di più, viene il sospetto che non si sia in grado di esprimere, compiutamente, una possibile ed immediata alternativa: ovvero, che non si voglia in fondo buttare giù il governo perchè sui banchi dell’opposizione, riparati dietro all’argomento così teneramente british del “ruolo assegnatoci dagli elettori”, si sta molto comodi. Ma il nostro è un sistema parlamentare, e non funziona così.

C’è ormai evidentemente uno spazio politico, a sinistra, di persone che ad intervalli non eccessivamente lunghi sono pronte a radunarsi in piazza per manifestare la propria contrarietà. Se la paura è che la piazza possa far male, perchè manichea, perchè qualunquista, perchè intrinsecamente violenta, questa paura non può però sorvolare sull’esistenza di una tale esigenza.  Sta ai partiti, elaboratori di disegni politici complessi, guidare il dissenso di piazza, naturalmente poco positivo e molto negativo – “NO!” – verso approdi più strutturati.

Hanno fatto molto bene gli organizzatori della manifestazione a chiedere che le bandiere dei partiti fossero messe da parte: quel luogo non era loro. E ciò che c’è da notare è duplice: primo, che un movimento del genere, proprio perchè spontaneo e non accusabile di strumentalità faziosa (perchè fazioso lo è in modo esplicito: d’altronde è una piazza, che altro dovrebbe essere), può essere estremamente potente. Dal momento che esiste la libertà di manifestare il pensiero, cade qualsiasi possibile proiettile sparato a priori per delegittimare un numero X di persone, non strutturate, che si radunano in piazza per esprimere un’idea: l’argomento della sinistra rossa e comunista non funzionerebbe, e, infatti, nessuno l’ha usato. Però altrove funziona, e molto bene, no?

Secondo, che il poco entusiasmo dei tanti politici intervistati nei TG, impegnati a descriverci quanto fosse bella questa manifestazione che solo tre mesi fa consideravano una comparsata folkloristica, deriva dal millenario senso di lesa maestà che gli sale quando qualcuno prova a pensare senza chiedergli il permesso. Evidentemente non riescono a capire che, se non si attrezzano alla svelta per diventare indispensabili come dovrebbero essere in un paese maturo, si potrà tranquillamente fare a meno di loro.

Ma non sarebbe un paese tanto normale, quello.


D-Avanti è il Blog di Tc.
Tc sta per Tommaso Caldarelli.
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